Genova a tratti sembra uscita dalle pennellate di Gustav Klimt, a tratti dalla penna di Charles Baudelaire. Eleganza liberty, sontuosi palazzi e il fascino di una briosa città di porto.
Che la si ammiri percorrendo i caruggi (le strette viuzze del centro storico) o dai mirador nella parte alta della città (raggiungibile con ascensori e funicolari), tutto qui è sorprendente, frutto di contrasti che conquistano, compresi i sapori. Dopo dunque una tipica colazione genovese: fugassa (la focaccia) inzuppata nel cappuccino (provare per credere!), cominciamo il nostro tour da piazza della Vittoria e il maestoso Arco di Trionfo. Da qui, attraversando via XX Settembre, la strada dello shopping, e passando sotto il famoso Ponte Monumentale, si arriva in piazza De Ferrari, luogo simbolo di Genova, dove si affacciano anche Palazzo Ducale, un tempo dimora del doge oggi sede di bellissime mostre, e il teatro Carlo Felice. A pochi passi si erge la cattedrale di San Lorenzo, costruita tra il 1100 e la fine del 1300.
Dopo un gustoso pranzo in un’accogliente sciamadda (i ristoranti tradizionali) o un più veloce fritto di pesce “da passeggio”, si può andare alla volta del porto, in cui si trova una contaminazione di elementi storici e contemporanei, tra cui l’acquario progettato da Renzo Piano, il più grande d’Europa e il secondo nel mondo.
Dieci minuti a piedi, magari passando dall’antica confetteria Romanengo, e si arriva in via Garibaldi, patrimonio dell’UNESCO insieme ai più importanti Rolli, i nobili palazzi disseminati nella via e nelle strade vicine, su tutti Palazzo Rosso, Palazzo Bianco, Palazzo Tursi e Palazzo Reale, in via Balbi, con vicino la colorata salita di Santa Brigida.
Per concludere la giornata con una vista mozzafiato al tramonto, tornate infine verso via Garibaldi e prendete l’ascensore Castelletto Levante, il più elegante della città, con in cima vetrate in stile liberty. Da qui potrete ammirare al meglio la doppia anima di Genova, con a sinistra tetti che ricordano Parigi e a destra le possenti gru del porto.
(cover photo: Folco Masi – photo 2: Maxence Werp)